Il nome di Valentini, celebre cantina di Loreto Aprutino, ha consacrato il trebbiano d’Abruzzo nel mondo. Oggi il consumo di questo vino bianco è in aumento: ecco perché è stato giustamente riscoperto.
Il trebbiano d’Abruzzo è un vitigno a bacca bianca autoctono nella regione del Gran Sasso e della Maiella. È uno dei vitigni più diffusi in Italia e viene coltivato oggi anche in altre regioni del Paese. Storicamente, si pensa che affondi le sue origini nell’antichità, tanto da essere già conosciuto dagli antichi romani.
Dal 1994 fa parte del Registro Nazionale delle Varietà di Vite e la sua DOC, disciplinata nel 1972, è l’unica in Abruzzo a essere riservata ad un vino bianco.
Il successo del Trebbiano d’Abruzzo: perché piace tanto?
Il Trebbiano d’Abruzzo dà origine a un vino bianco secco, leggero e fresco, con profumi di frutta e fiori e un gusto gradevolmente acido. Questo lo rende un vino estremamente versatile e dal gusto giovane.
Se fino a un decennio fa era ancora associato – maldestramente – al ruolo di vino bianco “da battaglia”, oggi grazie all’enorme lavoro di promozione e di ricerca enologica che l’intero territorio della regione Abruzzo ha compiuto, si può dire che il suo posizionamento sul mercato sia profondamente cambiato.
Il trebbiano d’Abruzzo viene oggi consumato al bancone come aperitivo, perché si adatta perfettamente, per le sue caratteristiche organolettiche, a sostenere finger food di salumi e formaggi ma ugualmente di pesce. Può essere consumato durante il pasto, per esaltare primi di pesce in bianco oppure secondi di pesce o di carne bianca. Accanto a formaggi giovani o non troppo stagionati è in grado di tirare fuori le sue carte migliori evidenziando una spiccata acidità che in certe produzioni diventa caratteristica. Anche per questa ampia versatilità viene apprezzato anche da chi, di vino, non se ne intende.
Dunque certamente la rivalutazione di questo vino “outsider”, anche sui mercati internazionali, è in parte dovuta alla facilità di abbinamento e di godibilità, viste le sue qualità organolettiche di ampio spettro e in grado di cambiare anche sensibilmente in base al tipo di fermentazione e all’affinamento (oltre che all’invecchiamento!).
Insomma, il bianco d’Abruzzo per eccellenza, al di là della piccola e super-ricercata produzione del Trebbiano d’Abruzzo Valentini, sta dando prova di grandi performance: anche sui mercati internazionali di riferimento (Usa e Giappone in primis) ha dimostrato un’eccezionale capacità di successo riuscendo a mantenere un posizionamento medio-alto.
E poi, diciamolo: chi saprebbe resistere a un calice freddo al punto giusto (temperatura ideale di servizio circa 8/10°C) che spande tutto intorno profumi di mela, vaniglia e fiori e poi sorprende per la sua sapidità e per un finale leggermente ammandorlato?
I vini trebbiano non sono affatto tutti uguali
Parlando di trebbiano possiamo riferirci a una grande famiglia di uve, generalmente tutte piuttosto resistenti e dalla buona produttività. Questo è anche il motivo per il quale è diventato uno dei vitigni a bacca bianca più diffusi in Italia e probabilmente proprio questo vantaggio ha rappresentato la difficile risalita dei vini Trebbiano nella scala della “celebrità” associata a quella della qualità o desiderabilità.
Oltre al trebbiano d’Abruzzo, esistono infatti quello toscano, quello umbro oggi rilanciato con la DOC trebbiano spoletino, quello romagnolo e un’altra varietà coltivata anche nel Lazio (il giallo).
Le declinazioni diverse che questo vitigno ha preso nel tempo e nello spazio, ha dato modo al Trebbiano di svilupparsi in modi diversi, ma non solo. È in cantina che i vari trebbiano vengono fuori con il carattere e il bouquet che li rende così tanto diversi.
Decisamente più strutturato e pregiato quello abruzzese, con sorprendenti note floreali e di frutta che nelle varie cantine vengono più o meno esaltate, con una spalla più decisamente acida quello spoletino (infatti sempre più proposto anche in versione spumante) fino ai più leggeri e usati per lo più per altri prodotti (nei pregiati aceti balsamici di Modena o nel Vin Santo), come accade in Toscana, dove si chiama anche Procanico, o in Romagna.
Caratteristiche del Trebbiano d’Abruzzo: the king of trebbiano
Trebbiano d’Abruzzo DOC
: Vasto, Pollutri (province of Chieti), Scerni.
Trebbiano
Capacity 0,75 lt
spurred co…
Per una volta noi abruzzesi possiamo darci qualche aria, senza risultare vanagloriosi. Il Trebbiano d’Abruzzo è sicuramente il vino della famiglia trebbiano più conosciuto e apprezzato, non solo in Italia.
Sul mercato il vento è in generale a favore per i vini d’Abruzzo, che registrano una crescita anche in valore. Nello specifico la più alta percentuale di crescita rispetto allo stesso periodo dello scorso anno è il Trebbiano d’Abruzzo con un eccellente +37,4% che dimostra di essere diventato “grande” e di fare breccia persino nei cuori dei più esigenti.
Persino alcune guide, nell’esercizio delle loro attività editoriali, hanno messo il Trebbiano in cima alle classifiche dei vini più rappresentativi del Paese (nel 2012). Da quel momento il mercato ha iniziato a muoversi in questo senso, c’è stato un naturale processo di riscoperta e di apprezzamento di questi vini, un po’ per spirito modaiolo, un po’ per reale curiosità e le idee che lo relegavano a un vino semplice e “contadino” sono decisamente cambiate.
Questa spinta ha dato modo anche alle cantine abruzzesi, dall’altra parte, di lavorare meglio e di più su queste produzioni, di provare e sperimentare, di cambiare qualcosa in vigna e in cantina per tirare fuori quel che di questo vino sembra piacere di più in assoluto: la sua freschezza e il suo bouquet.
Dunque se sei alla ricerca di un bianco fermo che non si faccia pagare uno sproposito e che ti garantisca certo successo il Trebbiano d’Abruzzo è la scelta giusta.
Trebbiano d’Abruzzo DOC Jasci: biologico e sorprendente
Giallo paglierino dalla nouance vivace, tipica del trebbiano d’Abruzzo, la versione rigorosamente biologica proposta da Jasci può godere di una buona spinta alcolica (13% vol. che non sono pochi per un bianco…) oltre a una struttura decisa e tipica.
Nelle terre di Jasci, vicine al mare, le uve hanno modo di respirare l’aria salmastra della costa che si infrange sulle colline che guardano spesso proprio l’orizzonte, verso est. Qui si verifica la magia, che nel bicchiere esprime il ricordo di questa nascita: torna la salinità, torna l’aria del mare che si indovina tanto al naso quanto al palato.
Un calice bene a temperatura è la metafora perfetta di una passeggiata sulla spiaggia di Vasto, fra alberi da frutta (soprattutto pesche e albicocche), ginestre e qualche punta dolce di vaniglia che si scopre dopo un po’. Così, bevendolo, ecco arrivare prepotente la salinità del mare e una punta di mandorla, quella che conquista il fondo della bocca e fa salivare, desiderando il prossimo sorso.